Vladimir Ilyushin e’ il figlio di uno dei piu’ conosciuti progettisti areonautici sovietici, Serghei Ilyushin. Negli anni sessanta Serghei Ilyushin fu una figura politicamente molto potente, uno dei leader dell’establishment sovietico, insignito di tre medaglie come “eroe dell’Unione Sovietica”.
Suo figlio, Vladimir, fu fra i migliori piloti collaudatori; nel 1959 conquistò il record mondiale di altezza quando, con un aereo da caccia Sukhoi-9, raggiunse la quota di 30.000 metri. Nel 1960 ricevette anch’egli l’onorificenza di “Eroe dell’Unione Sovietica” per meriti in campo aeronautico.
In un primo tempo Ilyushin non fece parte del corpo dei cosmonauti ed in effetti non apparve nelle immagini del gruppo di futuri cosmonauti pubblicate nel 1959 dalla popolare rivista “Ogonyok”. A quel tempo Vladimir Ilyushin concentrava i suoi sforzi sul tentativo di battere il record di alta quota, ma ben presto si rese conto di come questo record fosse poca cosa rispetto alla possibilita’ di raggiungere l’orbita terrestre. Forse grazie all’influenza politica del padre, gli fu permesso di unirsi al gruppo di cosmonauti un’anno dopo la formazione ufficiale di tale gruppo. Egli fu sottoposto ad un programma di addestramento intensivo e si segnalo’ presto come il pilota dotato di maggior talento. Nel 1961 vennero pubblicate alcune foto che ritraggono Ilyushin durante l’addestramento al volo spaziale.
Il 2 febbraio 1961 un cosmonauta venne segretamente lanciato nello spazio . Gia’ nella prima parte della missione qualcosa non funzionò: il pilota perse i sensi e, impossibilitato a rientrare sulla terra prima dell’inizio della seconda orbita, venne costretto a rimanere nello spazio fino alla diciassettesima, onde evitare un suo rientro in terra straniera. La missione si concluse quindi con la morte nello spazio del cosmonauta.
Vladimir Ilyushin era il pilota previsto per la missione seguente. Il problema della missione precedente era stato apparentemente risolto e la capsula “Rossyia” venne quindi lanciata il 7 aprile 1961.
Viene riportato che anche questa volta qualcosa nella capsula non funziono’. Prima del completamento della prima orbita, si interruppero le comunicazioni radio fra la capsula e la centrale a terra. Ilyushin perdette conoscenza e vi fu il concreto rischio che i tragici avvenimenti della missione precedente si ripetessero. Ma questa volta, vista l’importanza del pilota, venne deciso di tentare un atterraggio di fortuna durante la terza orbita. La capsula cadde quindi in territorio Cinese, Paese questo che, pur essendo anch’esso comunista, non aveva a quel tempo buoni rapporti con l’URSS.
La normale procedura di rientro prevedeva l’eiezione del pilota dalla capsula ad un’altezza di 20.000 piedi, il pilota doveva atterrare autonomamente col proprio paracadute. Essendo privo di sensi, Ilyushin non fu in grado di eiettarsi e quindi precipito’ al suolo all’interno della “Rossyia” riportando gravi danni fisici. Rimase gravemente ferito ma vivo, guadagnondosi l’onore di essere stato il primo uomo rientrato vivo da un volo spaziale.
Le autorita’ cinesi lo trattennero in ospedale per un anno come “ospite di riguardo”, un eufemismo riservato ad agenti dei servizi segreti stranieri. Nei momenti subito successivi a questo atterraggio di emergenza, attraverso corrispondenti comunisti stranieri accreditati a Mosca, trapelarono voci su un imminente lancio di una missione spaziale con uomini a bordo da parte dell’Unione Sovietica.
Soltanto il giorno successivo al fallimento della missione di Ilyushin, venne presa la veloce decisione di lanciare un pilota di riserva, Yuri Gagarin. Sembra che neppure Kruschev, che si trovava in vacanza sul Mar Nero, fosse stato avvertito della decisione di lanciare Gagarin nello Spazio.
Anche il volo di Gagarin rischio’ di finire in tragedia: al momento del rientro la capsula di discesa non riusciva a distaccarsi dal modulo di servizio. Dopo diversi inutili tentativi il modulo riusci’, senza particolari motivi, a separarsi. Tale operazione comporto’ un ritardo di circa dieci minuti nella procedura di rientro e Gagarin dovette quindi atterrare in una remota area, lontana dal previsto punto di atterraggio. Nonostante queste vicissitudini la missione venne giustamente considerata, dal mondo intero, come un grosso successo e riusci’ effetivamente a “coprire” il fallimento della missione di Ilyushin.
Vladimir Ilyushin guarito dalle conseguenze dell’incidente, torno’ in Unione Sovietica nel 1962 e divenne capo pilota collaudatore del Sukhoi Design Bureau. Oggi (1999) e’ un Generale in pensione e vive un un sobborgo di Mosca.